Pistacchio di Bronte
Sua Maestà
'Il Pistacchio di Bronte'
Un simbolo della cucina siciliana, che si raccoglie sulle pendici dell’Etna. Una montagna che fuma minacciosa, ma sulle cui pendici crescono delizie e storie di giovani chef e imprenditori per cui il vulcano è vita
Se pensi alla Sicilia pensi ai dolci, ai cannoli croccanti che racchiudono della ricotta soffice e dolce, alle granite a colazione in cui intingere la brioche. Se fosse un sapore, la Sicilia sarebbe il dolce della sua pasticceria, la punta di zucchero della caponata di melanzane, le uvette che punteggiano anche i piatti salati. Pensi a questi sapori antichi, a gesti che si ripetono da generazioni sempre uguali, come un rito, ma la Sicilia è anche una terra di giovani, di innovazione, di scommesse. Vinte.
L’Etna si staglia all’orizzonte, sbuffa a ricordare che non si è ancora spento, con fare minaccioso. Ma il vulcano per chi ci abita non è paura, è soprattutto vita, perché dalle sue pedici scoscese e dal terreno lavico memoria di eruzioni passate, fioriscono eccellenze. Il pistacchio di Bronte è una di queste, dolce e salato, conosciuto e amato in tutto il mondo.
Norbert nel suo Viaggio in Sicilia intrapreso per la serie Storie di Alta Cucina, prodotto da Miele, non poteva non fermarsi in un territorio così ricco di prodotti, di sapori e di storie di siciliani che hanno fatto della loro montagna la loro fortuna.


Incontra l'Esperto

Letizia Grigoli
L’Azienda Agricola di Letizia Grigoli, da pistacchi secchi in guscio o al naturale, ricava prodotti come la crema di pistacchi, pesto di pistacchi e olio, basi per gelati, croccantini, paste senza farina, biscotti brontesi e bacetti.
Pasta
al pesto di pistacchi
Il Pistacchio di Bronte
raccontato da Giovanni Santoro
Antico quanto la Bibbia, il pistacchio arrivò in Sicilia con gli arabi che ne impiantarono le prime colture. Questa pianta longeva e coriacea riesce a crescere anche abbarbicata su terreni lavici e scoscesi, come le pendici dell’Etna e il territorio di Bronte, estremo ma capace di fargli esprimere il massimo delle sue qualità. Viene raccolto ogni due anni, solo dopo aver assorbito dalla terra nera del vulcano tutte quelle sostanze nutritive che rilasciano al frutto i suoi inconfondibili aromi, profumi e sapori senza paragoni. Ecco perché questo “oro verde” è così prezioso, unico e capace di sostenere oltre mille produttori.
“Ricordo ancora il profumo del pistacchio tostato che si vendeva per strada nelle feste di paese. L’ho sempre amato, sin da bambino e lo utilizzo sia fresco sia tostato nella mia cucina” racconta Giovanni Santoro.
Per me fare alta cucina è rispettare la materia prima del mio territorio, l’Etna, riscoprendo ricette e sapori antichi, portandoli con l’innovazione fino ai giorni d’oggi, ad essere moderni”. “Shalare” in dialetto siciliano significa provare gioia e piacere, come il nome del suo ristorante, ed è esattamente quello che accade nella cucina di Giovanni e della Sicilia.